Chi ti ama non ti lascia indietro
			            
Lungo le vie dei paesi, i mercatini rappresentano molto più che semplici luoghi di scambio economico. Sono, piuttosto, spazi sociali in cui si intrecciano dinamiche simboliche, rituali quotidiani e relazioni interpersonali. È in questo contesto, apparentemente ordinario, che si possono osservare con particolare nitidezza i micro-comportamenti che rivelano la qualità – o la fragilità – dei legami affettivi.
Una scena in particolare si ripete spesso: una giovane coppia passeggia tra le bancarelle. Lei si ferma incuriosita da un oggetto, da un libro, da una collanina, magari da una tazza che le ricorda l'infanzia. Si lascia catturare da un dettaglio, da un'emozione. Lui, però, prosegue senza rallentare né voltarsi. Tira dritto. Va avanti come se non fossero lì insieme, come se il tempo dell'altro non meritasse considerazione. Lei lo guarda allontanarsi, si scusa con il venditore, accenna un sorriso tirato e dice: "Devo andare, lui è andato avanti".
In quelle poche parole, leggere in apparenza, c'è dentro tutto. C'è la rinuncia, il disagio, forse l'abitudine. C'è l'idea — radicata, sbagliata — che amare significhi adattarsi, rincorrere, farsi piccola per non perdere l'altro. Ma l'amore non dovrebbe essere una gara di velocità, né un inseguimento. Questa scena, per quanto semplice, è rivelatrice. In termini sociologici, possiamo interpretarla come una manifestazione concreta delle asimmetrie relazionali: piccoli gesti quotidiani che mostrano la distribuzione diseguale dell'attenzione, del potere decisionale e del rispetto reciproco. L'atto di non fermarsi non è solo un comportamento individuale: è un segnale. Comunica disinteresse, mancanza di ascolto, assenza di reciprocità. Perché l'amore vero si vede nelle piccole cose. Non ha bisogno di gesti grandiosi o parole perfette. Si misura in un passo che rallenta, in uno sguardo che cerca l'altro, in un tempo condiviso anche nel silenzio. Chi ti ama davvero non ti lascia indietro. Ti cammina accanto. Sempre.
Come sottolineato da studiosi come Erving Goffman, i "rituali dell'interazione" sono fondamentali per la coesione sociale. Ogni gesto, anche il più banale, ha un valore simbolico. Camminare insieme, nel senso più letterale del termine, è un atto di connessione: implica sincronizzazione, condivisione del tempo e dello spazio, attenzione all'altro. Quando questo viene a mancare, emergono crepe che, sebbene invisibili nell'immediato, possono diventare fratture più profonde nel lungo periodo.
Il mercatino diventa, dunque, una sorta di banco di prova relazionale. Se un partner non è disposto ad attendere il tempo dell'altro in un contesto privo di urgenze, sarà in grado di farlo nelle situazioni più complesse e impegnative della vita? Un uomo che non sa aspettarti davanti a una bancarella, non saprà esserci quando la vita ti chiederà presenza, pazienza e rispetto. E quella frase così banale in apparenza: "Devo andare, lui è andato avanti", rivela molto più di quanto sembri. Parla di chi guida e di chi segue, di chi decide e di chi si adatta, di un equilibrio che pende sempre da una parte sola.
Educare all'amore significa anche educare al rispetto delle differenze di ritmo, alla pazienza, alla presenza. Perché il rispetto, più che nelle dichiarazioni esplicite, si misura nei dettagli: in una pausa concessa, in uno sguardo che si volta, in un passo che si adegua. E a volte basta un mercatino per capirlo.
