Morire di troppa vita

20.05.2025

Si può anche scegliere di andarsene così, di troppa vita. Ed è proprio così che se n'è andato un ottantenne imprenditore veneziano folgorato in una stanza dell'Hotel Principe di Savoia di Milano, albergo che in passato ospitò anche quel birbantello di Gabriele D'Annunzio (ah! Il Piacere).

Una fine ingloriosa, imbarazzante, pericolosamente incline a solleticare la malignità che è in noi, comuni mortali che non possiamo lontanamente pensare (oppure sì?) di uscire di scena con tre escort in un vortice di viagra e cocaina. Un'esemplare fine dei tempi, degna di questi tempi finiti.

È probabile che il vecchio gommeux abbia chiuso così come aveva sempre vissuto, in modo maleducato e spericolato, fregandosene di tutto, in uno stupido hotel in fondo a una magnifica giornata, anteponendo il fremito a qualsiasi altra considerazione.

Certo, è sconveniente farsi trovare chiuso nel proprio corpo avvizzito, vescica di gioventù impossibile, vampiro di gioventù altrui, venduta e comprata a prezzi da capogiro, mentre attorno i comuni e sfigati mortali si ammazzano di suicidi minimi, di piccole storie di ordinaria crisi, di esodati, di tartassati.

Quello che nell'ultimo episodio di Amici miei diventa l'atto definitivo - lo sfasciarsi irresponsabile di un povero vecchio in una casa di riposo, illuso di avere stretto un patto con il diavolo anziché con tre vecchi come lui ma ben più carogne - in questo albergo diventa la nemesi dell'egolatria più dannunziana e decadente all'italiana.

Ciascuno è artefice del proprio destino e di come troncarlo, questo non si discute, ma ha senso finire così, preda di se stessi, delle proprie pulsioni dopate? È logico arrendersi al dio viagra, questo Moloc da poveracci, mentre la società del post-consumismo vuol convincerti che la terza età è fresca come le altre e magari pure la quarta, e nella quinta salterai incontro a inediti piaceri? Piaceri che comunque paghi a caro prezzo, questo forse sfugge alle considerazioni di chi rende l'anima alla pasticca blu, e non solo milionari sfondati: alzi la mano chi non conosce qualche bel tipo che ha fatto il passo più lungo della gamba, a prescindere dalla dichiarazione dei redditi, e poi un bel giorno…

Quasi un topos, la resa senile circondato da topoline nella devastazione di sé.

In quest'ossessione compulsiva per la sessualità esagerata, per la soddisfazione no limits, in questo "voglio quello che voglio" a prescindere da ogni altra considerazione etica, morale e perfino fisiologica, sembra affiorare qualcosa di peggio del banale edonismo godereccio, una sorta di infantilismo di ritorno, complessivo, compulsivo e insensato.

Forse bisognerebbe rileggere (o leggere) lo scrittore polacco Witold Gombrowicz, le sue preoccupanti riflessioni sull'immaturità e l'infantilismo come costanti di questo tempo orizzontale e aproblematico. Anche perché poi l'infantilismo è quello che ti scarica alla mercè di imbonitori e seduttori, qualcuno pericolosamente incline al gioco del bunga-bunga, anche se poi preferisce chiamarlo burlesque. E il cerchio si chiude, un circolo vizioso ma prima ancora bizzoso: bambini di ottant'anni come sensuali bamboccioni in pannolone.

Per tornare a bomba (di viagra o di altro), possiamo scomodare Thomas Mann nel Doctor Faust: «La gioventù è un pregio e un privilegio del popolo tedesco (…) le gesta tedesche sono sempre nate da una potente immaturità. Non per niente siamo il popolo della Riforma. Anche questo fu un atto di immaturità». Sarà. Noi invece siamo il popolo della Controriforma («Una controriforma senza riforma» diceva Indro Montanelli) e dovremmo andarci piano, anche perché noi non abbiamo avuto Faust ma Silvius, non siamo immaturi ma puerili.

Considerata la sottile linea rossa che troppo spesso unisce testa e testina, forse non sono pochi quelli che dovrebbero cambiare dieta: meno viagra e più fosforo non farebbe male anche in vista degli ottant'anni, ma pure prima se è il caso.

Citare la lezione di Schopenhauer, quella sorprendente e faticosa gioventù che è la vecchiaia e che si conquista solo nella noluntas che si allontana da qualsiasi pulsione, forse è un po' troppo, ma se nell'autunno del tuo godimento chiudi con un'orgia, insieme con tre che insieme non fanno i tuoi anni, diventi l'orrendo burattino di te stesso, uno che non è mai diventato bambino e quindi adulto, come se nient'altro ti restasse nella vita, come se nient'altro fosse importante, allora forse la tua vita non è stata così interessante, così degna di essere vissuta.

Che cosa hai lasciato in eredità? Un'esaltazione rimasta a bocca aperta su un tappeto, mentre il mondo malignamente ridacchia.