
Postumi di gloria

(Un uomo è seduto su una panchina. Ha in mano un giornale sportivo. Lo guarda, sospira, alza lo sguardo, si alza in piedi e parla al pubblico)
Ah, la vita… È come un tapis roulant impazzito: tu corri, corri, sudi, inciampi, cerchi di stare al passo, e quando pensi di aver trovato il ritmo… lui accelera e tu finisci contro il muro.
Un giorno sei sulla cresta dell'onda, il giorno dopo… pluff! – sott'acqua. Ma non morto, no. Peggio. Dimenticato.
Prendiamo Cappellini. Il centravanti dell'Inter.
Quand'ero ragazzino era il mio idolo assoluto. Il mio supereroe. Altro che Batman! Lo adoravo. Segnava di testa anche con i capelli bagnati.
Non so quanto avrei pagato per incontrarlo, per stringergli la mano e dirgli: «Cappellini, sei un mito!» Avrei venduto mia nonna per un suo autografo. Beh, magari non proprio venduto… diciamo… prestato, ecco.
Oggi, se lo incontrassi, non saprei nemmeno cosa dirgli.
Forse gli chiederei se ha bisogno di aiuto per trovare la farmacia più vicina… Non per offenderlo, eh… è che ora Cappellini è come quegli elettrodomestici vintage: ti ricordano tante cose, ti fanno tenerezza, ma non li collegheresti mai alla corrente.
Oppure potrei invitarlo a cena. Dirgli: «Cappellini! Ti va una carbonara e due chiacchiere sulla difesa a zona?»
Ma probabilmente lui penserebbe: "Ma chi è 'sto pazzo?" E soprattutto… la difesa a zona a cena?
Oppure invitarlo al bar per un caffè: «Cappellini, ti offro un caffè, così ricordiamo insieme i bei tempi…»
Ma lui non sa chi sono io, e io, in fondo, non so più chi sia lui.
Ormai Cappellini è come un calzino spaiato: ogni tanto salta fuori, lo guardi e dici: «E tu da dove vieni? Un mistero». Poi lo rimetti nel cassetto insieme al mistero.
Il calcio va veloce, la memoria ancora di più. Il mondo dello sport è crudele: oggi sei il re dello stadio, domani neanche il tuo cane ti riconosce.
La fama dura meno della batteria di uno smartphone.
(Sfoglia il giornale, scuote la testa)
E così va il mondo: ti acclama, ti celebra, ti mette in copertina. E poi? Poi ti archivia come le enciclopedie cartacee. Sì, sì, ci sono ancora, ma chi le apre? C'è Wikipedia!
Anch'io una volta ero "quello lì". Intendiamoci, non che io sia mai stato un centravanti dell'Inter, però anch'io una volta ero importante.
Mi dicevano: "Grande! Mito! Leggenda!" E adesso? Adesso mi guardano come si guarda un vecchio telecomando: provano a premere due tasti, magari funziona… poi mi mettono da parte dicendo: «Non cambia più canale. Boh, sarà rotto».
Pensavo che la mia carriera fosse eterna, invece è durata meno di una dieta dopo Natale.
(Sorride amareggiato)
Ma il vero problema non è che gli altri ti dimenticano. Il problema è che tu inizi a dimenticare te stesso. Ti guardi allo specchio e dici: «Piacere… ci conosciamo?» E quello ti risponde: «Mah!».
(Si guarda intorno, pensieroso, poi si schiarisce la voce e riprende)
Il successo è come la moda: oggi porti pantaloni larghi e sei figo, domani li sostituiscono con quelli attillati e tu rimani lì con il tuo guardaroba fuori tempo.
Ricordate il Tamagotchi? Tutti ne avevano uno. Per mesi siamo andati in giro con quel coso, trattandolo come fosse un figlio. Lo nutrivamo, lo coccolavamo, ci disperavamo se moriva. Per mesi abbiamo creduto che la vita non avrebbe avuto senso senza un animaletto digitale da nutrire.
E ora? Ora se ne trovi uno in un cassetto, pensi: «Ma davvero perdevo tempo con queste stronzate?»
E succede così anche con le persone. Un giorno sei il centro del mondo, ti applaudono, ti cercano, ti chiamano… il giorno dopo non sanno nemmeno più come ti chiami. Ti mettono fra gli spam.
(Aggrotta le sopracciglia, fissa un punto indefinito)
Ed è buffo, perché anche noi facciamo lo stesso.
Quanti idoli ho avuto? Quanti poster ho appeso? Quanti ne ho tolti senza nemmeno accorgermene?
Da ragazzino, il muro della mia cameretta era un sacrario, una galleria d'arte moderna: calciatori, attori, cantanti… Poi un giorno li ho guardati e ho pensato: «Ma chi sono questi qua?» E li ho tolti tutti. Il muro è rimasto vuoto. Minimalista.
(Si guarda le mani)
Ecco, la vita fa così. Ci tiene appesi, ci mostra in bella vista, ci mette sotto i riflettori. Poi, un giorno, ci stacca dal muro e ci mette in un cassetto. Accanto al Tamagotchi e al calzino spaiato.
(Sorride amaramente)
Magari tra qualche anno un ragazzino troverà un vecchio giornale con la mia faccia. Lo guarderà, sospirerà e dirà: «Papà, chi è 'sto tizio?» E il papà: «Boh! Forse uno che faceva le televendite».
E così va il mondo: ti acclama, ti celebra, ti mette in copertina… E poi? Poi ti archivia.
(Si alza lentamente, piega il giornale con cura e si incammina verso il buio fischiettando una vecchia canzone)
SIPARIO